Page 3062 - Shakespeare - Vol. 3
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i cui occhi piangono solo per la lussuria
               o le risate. La pietà dorme.
               Strani tempi, che piangono ridendo
               e non piangendo.



              FLAVIO
               Vi scongiuro di riconoscermi, buon signore,

               di accogliere il mio dolore, e finché dura
               questo po’ di denaro, di tenermi ancora
               come vostro intendente.



              TIMONE
               Avevo un intendente così fedele,

               così onesto, e ora così pietoso?
               Ciò rende la mia natura aspra quasi mite.
               Fatti guardare in faccia. Quest’uomo
               è certo nato da donna. Perdonate

               la mia furia totale, senza eccezioni,
               voi dei perpetuamente calmi!
               Proclamo che c’è un uomo onesto.
               Non fraintendetemi: soltanto uno.

               Nessun altro, prego − e questo è un intendente.
               Avrei odiato volentieri tutta l’umanità
               ma tu riscatti te stesso. Ma tutti,
               tranne te, io copro di maledizioni!

               Credo però che tu sia più onesto che furbo,
               perché maltrattando e tradendo me
               ti saresti procurato più presto un altro servizio.
               Molti arrivano al secondo padrone

               sul collo del primo. Ma dimmi la verità −
               io debbo sempre dubitare, anche
               di fronte alle certezze − la tua bontà
               non sarà subdola, avida, da usuraio,

               come il ricco che fa doni,
               aspettandosi in cambio venti volte di più?



              FLAVIO
               No, degnissimo signore, nel cui petto
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