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restano soprattutto impliciti.
28 ATTO TERZO Il gran movimento o conflitto corale avviato con il secondo atto si continua nelle tre
scene del terzo. Nella scena i, l’impolitico eroe entra in contrasto anche con gli esponenti patrizi, che
egli ritiene troppo cedevoli, e si scontra ai ferri corti con i tribuni, spingendo la plebe al tumulto e
attirandosi sul capo l’accusa di tradimento e di tirannia. Nella splendida scena ii interviene la madre a
convincerlo a ripresentarsi − con umiltà fittizia − al popolo. E questo è il culmine degli sforzi fatti dai
personaggi non-tragici per sottrarre l’eroe al proprio destino e carattere segnati dal tragico, sforzi
evidentemente inutili, e anzi, ironicamente, risultanti solo come acceleratori di quel groviglio di eventi
di cui Coriolano sarà la vittima. Sia i patrizi che la madre sono mossi comunque dall’interesse politico
e dall’avidità di potere, cioè da una crudele Giustizia (Dike) alla quale sono in fondo anche pronti a
sacrificare l’eroe. È fuori luogo, in altre parole, parlare di positività di una delle due parti in lotta,
quando si assiste invece allo scontro di giustizia contro giustizia, di forza contro forza. Nella scena iii
Coriolano è bandito. III, i. Un’altra tappa, se si vuole, del cammino fatidico di Coriolano verso la sua
fine segnata. Nel primo atto conquista Corioli, con una vittoria che segna l’inizio delle sue sconfitte.
Nel secondo si lascia coinvolgere nel conflitto coi plebei per il consolato che non avrà, nel terzo fa di
tutto per rovinare la sua chance e infine perde tutto per la condanna all’esilio che segna la peripezia
o turning point della tragedia. Si noti, ai vv. 19-20, l’ironia tragica dell’affermazione relativa al ritiro di
Aufidio ad Anzio: «I wish I had a cause to seek him there...». È un’occasione che ben presto gli
sarà offerta, ma non per il motivo che egli crede.
29 III, ii Qui la tragedia raggiunge la sua massima intensità, ogni parola è essenziale nello scontro
verbale tra l’eroe «troppo assoluto» e la madre machiavellica. È lei che lo spinge infine a porsi la
domanda tragica («What must I do?», v. 35) quella che appare così spesso nelle tragedie quando
si è raggiunta la situazione-limite, e per l’eroe i due corni del dilemma sono entrambi negativi. Qui
Coriolano può o disubbidire alla madre − il che è impensabile − o rinnegare se stesso fingendo e
piegandosi alla plebe − il che è impensabile.
30 III, ii, 39-45 Nelle grandi battute di Volumnia sentiamo l’eco delle parole di Machiavelli: chi diventa
principe col favore dei grandi deve innanzitutto cercare di guadagnarsi il popolo (Principe, IX); il
principe dev’essere «gran simulatore e dissimulatore» (Principe, XVIII). L’arte politica richiede a chi
la esercita di essere leone e volpe, colomba e serpe. Della propria incapacità di piegarsi a questa
esigenza Coriolano è cosciente nel momento stesso che accetta il consiglio politico della madre:
«Away, my disposition, and possess me/ Some harlot’s spirit!» (III, ii, 111-112) dove occorre dare
a «disposition» tutta la sua pregnanza semantica, insieme di destino e di carattere.
31 III, ii, 131 «Mother, I am going...». Coriolano si arrende per la prima volta, e anticipando la fatidica
seconda volta, alla forza della philia, vincolo con la madre e con la grande Madre di cui ella è il
simbolo vivente. Ma si arrende non senza scetticismo e ironia, per questa volta, anticipando nelle
sue ultime e amare battute l’esplosione di rabbia e di sdegno che nella scena seguente gli procurerà
l’esilio.
32 III, iii, 133-135 «Despising / For you the city... There is a world elsewhere». Il suo rigetto di Roma
esimerà Coriolano, ma illusoriamente, dal sentirsi un traditore.
33 ATTO QUARTO È il più insoddisfacente come suddivisione dei contenuti. Le prime due scene
appartengono infatti al movimento corale iniziato nel II atto. La scena iii è tra le più «entropiche»
dell’opera, e la iv avvia in ogni senso l’ultimo gran movimento, che vede un Coriolano
inconsapevolmente diverso agire nel contesto volsco, mentre le scene romane slittano, con la loro
funzione di contrasto, in secondo piano. La scena IV, i è pervasa dalla crudele ironia tragica: ora è
un Coriolano momentaneamente controllato e moderato che sorregge e conforta la sua terribile
madre battuta. Suona nel sottofondo il motivo della «mutability» che emergerà fortissimo nella
scena iv insieme all’epifania della seconda persona dell’eroe.
34 IV, i, 51-53 Si confronti questa sicurezza dell’eroe di rimanere costante, di esser sempre se stesso,