Page 2241 - Shakespeare - Vol. 1
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perdonerà. Il nome del minuscolo paggio di Armado, Moth nel quarto e
nell’in-folio, da alcuni curatori viene assimilato al francese mot. Mi convince
di più il Kerrigan, per cui il significato primario del nome è indubbiamente
«particella», con allusione alla sua piccolezza, e che conseguentemente
modernizza il nome in Mote, che ho tradotto Bruscolino. Infine Armado è
nome spagnolo che rimanda ironicamente alla famosa sconfitta
dell’Armada spagnola nel 1588.
Non mi par vero che i personaggi di Pene d’amor perdute siano piatti. I
clowns sono vivide caricature, dal fervido e accurato linguaggio, ciascuno
secondo il suo stile. Il Re e i suoi cortigiani hanno ciascuno una propria
netta fisionomia, naturalmente non approfondita in una svelta commedia
che è soprattutto sinfonia di temi e di parole. E ancora più delicato e vivace
è il tratteggio delle figure femminili, di cui le più importanti, la Principessa
e Rosalina, sono personaggi pensosi e affascinanti.

Struttura

Se mettiamo tra parentesi la divisione esteriore e artificiale in atti e scene,
appare più evidente la struttura dinamica della pièce, che si sviluppa
sveltamente per accumulo e crescendo drammatico, attraverso
un’alternanza o confluenza sulla scena dei tre gruppi di personaggi (i
giovani navarrini, le ragazze francesi e il complesso dei clowns) dalla
fondazione velleitaria dell’accademia platonica alla sua crisi per l’arrivo
dell’ambasciata femminile alle vicende dell’innamoramento e del
corteggiamento, rispecchiate e parodizzate nel sotto-intreccio, sino al
confluire dei tre gruppi in una sorta di “conclave” che s’articola in episodi
metateatrali (la mascherata dei Moscoviti, la recita dei Nove Magni) ed è
interrotto bruscamente dalla cadenza dell’arrivo del messo con la sua
notizia di morte, seguita da una coda a mo’ di esodo: separazione dei tre
gruppi e proiezione manieristica in primo piano del motivo antiretorico
della vita semplice ed umile nelle due canzoni finali.

Traduzione

La traduzione di un testo simile, grande gioco linguistico dove l’azione è più
che mai azione retorica e la forma si assume la funzione del contenuto,
costituisce quasi un incubo per i traduttori, confrontati da un discorso
teatrale i cui significati sono così spesso inscindibili dalla natura e dalle
forme della lingua inglese, che una resa letterale è impossibile, e lo sforzo
si concentra nel reinventare il gioco linguistico nei termini e parametri di
una lingua diversa. Un’edizione come la presente non potrebbe mai offrire
il numero di note necessarie, ed è inevitabile il rimando alle edizioni
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