Page 1828 - Shakespeare - Vol. 1
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Benone! E qui è la scala per l’impresa. [Esce]
Bravo Fetonte! Tal come il figlio di Merope,
vorresti guidar tu il carro del cielo
e con folle temerità bruciare il mondo!
Vorresti attingere alle stelle perché ti brillano sul capo!
Via, vile intruso, schiavo presuntuoso!
I tuoi accattivanti sorrisi dispensali ai tuoi pari,
e sappi che non i tuoi meriti ma la mia indulgenza
ti offrono il destro di andar via sano e salvo.
Dovresti essermi grato, più che d’ogni altro favore
di cui ti ho fatto smodata elargizione.
Ma se rimani nei miei possedimenti
un attimo di più di quanto occorra
a lasciare a spron battuto la nostra reggia,
per tutti i santi! la mia collera travolgerà ogni affetto
ch’io porti alla mia figlia, oppure a te.
Sparisci! A vane scuse io non do retta.
Va’, se hai cara la vita, e in tutta fretta!
VALENT INO
E perché non la morte, in luogo d’una vita di tormento?
Morire è esser banditi da se stessi,
e Silvia sono io stesso: bandito da lei
l’io è bandito da me. Un esilio di morte!
Qual luce è luce, se Silvia non appare?
Qual gioia è gioia, se Silvia non è lì?
A men d’immaginarla a me vicina
e far mia una parvenza di perfezione.
Se nella notte mi trovo accanto a Silvia
non sento più nemmeno l’usignolo.
A men di contemplar Silvia di giorno
non c’è più giorno ch’io voglia contemplare.
Non vivo più se lei - di me l’essenza -
mi toglie la benigna sua influenza
che mi dà vita, cibo, luce e affetto.
Non evito la morte, se sfuggo a tal verdetto:
se qui m’attardo, corteggio certa morte,
ma dalla vita fuggo, se fuggo dalla corte. 41
Entrano Proteo e Lanciotto.