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rifà anche il versatile poligrafo Robert Greene, nel romanzo L’Amore di
Tullio (Tullies Love ) del 1589. Tullio è il giovane Cicerone, promettente
oratore di modesti natali e amico del nobile Lentulo, un brillante uomo
d’armi. Entrambi aspirano a Terenzia, bellissima dama di specchiata virtù.
Tullio esercita il suo talento retorico nel perorare la causa del prode
soldato, ma finisce che la donna s’innamora di lui. Mai però Tullio potrebbe
tradire l’amico. Insieme i due rischieranno la vita contro un terzo
pretendente, e sarà alfine Terenzia a scegliere (a differenza di Sofronia, in
piena libertà) l’uomo della sua vita.
Due gentiluomini di tutto rispetto sono i mitici eroi del Damon and Pythias
(1565), ovvero «L’Eccellente Commedia dei due più che fedelissimi amici
Damone e Pizia»: nota anche (originalità dei titoli!) come The Two
Gentlemen of Greece. Autore, Richard Edwards, ammirato poeta della
generazione precedente. Altrettanto mitici i due cugini tebani di Palamon
and Arcite (1566), tragicommedia perduta dello stesso autore. Son questi i
due drammi migliori degli anni Sessanta. La storia degli eroici cugini è
tratta dal Racconto del Cavaliere (The Knightes Tale ) del Chaucer, a sua
volta ispirato alla Teseide del Boccaccio: i due, in tutto pari per alto
sentire, si contendono cavallerescamente il favore di Emilia. Dopo alterne
vicende Arcite, cui il Duca Teseo ha appena concesso la mano della donna,
è disarcionato e ucciso dal suo focoso destriero: «Abbiti Emilia» - dice
morendo al rivale - «e con lei tutte le gioie di questa terra»: così nel
dramma de I due nobili cugini (1613) che Shakespeare e Fletcher,
ricamandoci su, sapranno trarre dalla vicenda.
Per il tema dell’Odissea d’amore la fonte d’ispirazione diretta è una sola: La
Diana Enamorada del Montemayor, conosciuta nella versione inglese dello
Yong, stampata solo nel 1598 ma ultimata nel 1582 (i libri costavano un
occhio della testa!). Shakespeare può avere attinto a una copia
manoscritta, e in ogni caso non si sarà lasciato scappare l’anonimo
dramma The History of Felix and Philiomena, recitato a corte nel 1585 e
poi perduto. È facile constatare dove e come egli modifichi la storia, e
capire che cosa in essa debba averlo sedotto: la possibilità di un’inversione
dei ruoli nel rapporto fra i sessi, quello di indulgere al gusto del
travestimento e al gioco inquietante dell’ambiguità sessuale, e quella infine
di affrontare il tema della costanza e della sofferenza femminili: tema che
da questo momento sarà sempre presente nell’arte shakespeariana.
La già citata opera del Munday, The Two Italian Gentlemen (1585) ovvero
Fedele and Fortunio, the Deceits of Love («gl’inganni d’amore»), è un
rifacimento quanto mai edulcorato (a beneficio del pubblico di corte) de Il
Fedele del veneziano Luigi Pasqualigo (1576), la tipica commedia
cinquecentesca italiana, erudita e licenziosa. La levità e l’arguzia del
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