Page 571 - Galileo Galilei - Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
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un grado, ed accostandosi parimente per altre 60 miglia al settentrione, ci
si alzerà il polo un altro grado, etc.: ora, se l’accostarsi e discostarsi 60
miglia solamente fa sì notabil mutazione nell’altezze polari, che doverà
fare il trasportarvi la Terra, e noi insieme, non dirò 60 miglia, ma 60
migliaia?
SALV. Doverà fare (se si deve seguir cotesta proporzione) che il polo ci si
alzerà mille gradi. Vedete, Sig. Simplicio, quanto può un’inveterata
impressione! Voi, per esservi fissato nella fantasia per tanti anni che il
cielo sia quello che si rivolga in ventiquattr’ore, e non la Terra, e che in
conseguenza i poli di tal revoluzione siano nel cielo e non nel globo
terrestre, non potete né anco per un’ora spogliarvi quest’abito e
mascherarvi del contrario, figurandovi che la Terra sia quella che si
muova solamente per tanto tempo quanto basta per concepir quello che
ne seguirebbe quando questa bugia fusse vera. Se la Terra, Sig.
Simplicio, è quella che si muove in sé stessa in ventiquattr’ore, in lei
sono i poli, in lei è l’asse, in lei è l’equinoziale, cioè il cerchio massimo
descritto dal punto egualmente distante da i poli, in lei sono gli infiniti
paralleli, maggiori e minori, descritti da i punti della sua superficie più e
meno distanti da i poli; in lei sono tutte queste cose, e non nella sfera
stellata, che, per essere immobile, manca di tutte, e solo con
l’imaginazione vi si possono figurare, prolungando l’asse della Terra sin
là dove terminando segnerà due punti sopraposti a i nostri poli, ed il
piano dell’equinoziale disteso figurerà in cielo un cerchio a sé
corrispondente. Ora, se il vero asse, i veri poli, il vero equinoziale
terrestri non si mutano in Terra tuttavolta che voi ancora resterete nel
medesimo luogo in Terra, trasportate pure la Terra dove vi piace, che voi
già mai non cangerete abitudine né a i poli né a i cerchi né ad altra cosa
terrena; e questo, per esser cotal trasportamento comune a voi ed a tutte
le cose terrestri, ed il moto, dove è comune,
Il moto, dove è comune, è
è come se non vi fusse: e sì come voi non
come se non vi
muterete abitudine a i poli terreni (abitudine,
fusse.
dico, sì che vi si alzino o vi s’abbassino),
così parimente non la muterete a i poli figurati in cielo, tuttavoltaché per
poli celesti intenderemo (come già si è definito) quei due punti che
dall’asse terrestre, prolungato sin là, vi vengono segnati. È vero che si
mutano tali punti nel cielo, quando il trasportamento della Terra vien
fatto in tal modo, che il suo asse vadia a ferire in altri ed altri punti della
sfera celeste immobile; ma non si muta la nostra abitudine ad essi, sì che
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