Page 2024 - Shakespeare - Vol. 2
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Ma la scarsa figuralità tropica è tutt’altro che segno di freddezza ideativa o di
          insufficiente partecipazione immaginativa. Per molti aspetti, Giulio Cesare è il
          dramma,  o  la  tragedia,  in  cui  Shakespeare  si  volge  verso  modalità  e
          tematiche e problematiche della sua fase maggiore. In certe battute di Bruto

          si avverte già il linguaggio di Amleto e lo sperdimento di Amleto di fronte al
          teatro della realtà. Nella caratterizzazione dei personaggi si può già scorgere
          quella complessità sia soggettiva che strutturale, funzionale, con cui saranno
          delineate le figure delle tragedie. E nell’ambiguità dei segni si profila quella

          frizione  tra  istanze  morali  e  posizioni  politiche,  nonché  quell’irriducibile
          sfasamento tra eventi e interpretazioni, che caratterizzeranno la fase tragica.
          Se  è  relativamente  bassa  la  figuralità  metaforica  (e,  in  genere,  tropica),
          formidabile risulta, tuttavia, la tessitura delle figure di parole e delle figure di

          pensiero  (metatassi  e  metalogismi),  tessitura  che  domina  l’elocuzione
          pubblica,  l’oratoria  politica,  nel  dispiegarsi  di  quella  «poesia  della
          grammatica»  (di  cui  parlava  Roman  Jakobson)  che  mette  in  scena  le
          articolazioni  della  lingua,  i  modi  con  cui  essa  si  rivolge  all’ascoltatore  per

          persuaderlo  e  attirarlo  dentro  il  proprio  atteggiamento  proposizionale  e,
          quindi,  dentro  il  proprio  progetto  politico  e  assiologico.  Non  si  tratta  di  un
          linguaggio transitivo, diretto, privo di spessore, perché l’eloquenza pubblica,
          per raggiungere i suoi scopi, si organizza sempre, o quasi, in maniera obliqua,

          indiretta, sottilmente seduttiva. E i personaggi che ne fanno uso − Bruto e
          Cesare, i due grandi antagonisti, più di tutti gli altri − conservano, in quella
          eloquenza,  anche  una  dimensione  privata  o,  comunque,  una  prospettiva
          soggettiva sui propri stessi enunciati. E allora il linguaggio si ripiega su chi ne

          fa uso pubblico, creando uno spazio di incertezze, di contraddizioni, e quindi
          di  confusa  e  dolente  umanità.  Il  dramma  politico  è  anche  la  tragedia  dei
          soggetti  che  lo  agiscono  e  lo  vivono.  Su  di  essi  la  Storia,  nella
          drammatizzazione  di  Shakespeare,  passa  come  un’ombra,  usandoli  e

          consumandoli.



                                                                                           ALESSANDRO SERPIERI




          Bibliografia per «Giulio Cesare»



          EDIZIONI CONSULTATE

          Julius  Caesar,  a  cura  di  T.S.  Dorsch,  London,  «The  Arden  Shakespeare»,
          1973; Julius Caesar, a cura di J.H. Walter, London, Heinemann, 1974;  Giulio
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