Page 940 - Shakespeare - Vol. 1
P. 940

ATTO I EN

                                 Scena I EN

                         Entra Riccardo, duca di Gloucester.

RICCARDO

 Ormai l’inverno del nostro rovello
 s’è tramutato in fulgida estate sotto questo sole di York; 24
 e tutte le nuvole che gravavano minacciose sulla nostra casa
 sono state sepolte nel profondo grembo dell’oceano.
 Ora le nostre tempie s’inghirlandano delle fronde della vittoria,
 le nostre armi ammaccate si appendono come trofei,
 alle veglie agitate subentrano ameni festini,
 alle marce massacranti, voluttuose cadenze di danza.
 La guerra dalle truci fattezze ha spianato la fronte rugosa
 ed ora, invece d’inforcare il destriero corazzato
 e d’atterrire il cuore di nemici sgomenti,
 volteggia agile nelle camere delle dame
 al ritmo lascivo d’un liuto.
 Ma io, che non sono formato per i sollazzi d’amore,
 né tagliato per contemplarmi compiaciuto in uno specchio;
 io, che son rozzamente foggiato e manco di fascino seducente,
 per pavoneggiarmi dinanzi a una sculettante ninfa;
 io che una perfida natura ha defraudato d’ogni armonia di tratti
 e d’ogni lineamento aggraziato, mandandomi anzitempo, deforme e

      incompleto,
 in questo mondo di vivi, solo per metà sbozzato
 e talmente claudicante e goffo
 che i cani mi abbaiano quando gli passo accanto arrancando;
 ebbene, io in questa zufolante stagione di pace
 non conosco altro piacere, per ingannare il tempo,
 che sbirciare la mia ombra al sole
 e intonar variazioni sulla mia deformità.
 Visto, perciò, che non posso fare il galante,
 in questi tempi dalla loquela ornata,
   935   936   937   938   939   940   941   942   943   944   945