Page 3257 - Shakespeare - Vol. 1
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Note

1 I primi due atti sono aperti da un prologo con funzioni di coro in forma di sonetto. I due prologhi
  venivano generalmente recitati dallo stesso attore che impersonava il Principe, il quale, d’altra
  parte, presenta tutti i tratti del personaggio esterno alla vicenda, che la osserva e la commenta.
  È interessante anche notare la qualità metateatrale del prologo, in cui sono presenti i tre livelli
  costituiti da attori (2, 12, 14), pubblico (13), artista-compagnia (14).

2 I, i In nessuna delle edizioni cinque-secentesche il dramma è diviso in atti e scene: tali divisioni
  furono introdotte nel ’700. Le si è qui mantenute per comodità di riferimento, ma si vuol
  ricordare qui la loro qualità “spuria”. Lo stesso si può dire per le indicazioni di scena utili e probabili
  ma che non compaiono nelle edizioni in-quarto e in-folio.

3 I, i, 1-50 La scena è per definizione uno dei pezzi più intraducibili di Shakespeare essendo tutta
  basata su una serie di slittamenti di senso per cui ogni battuta è recepita dall’ascoltatore con un
  senso diverso dall’intenzione del pronunciatario. La catena inizia con le omofonie di coals, colliers,
  choler, collar, e prosegue senza interruzioni. Lo schema è quello di un significato “alto” e uno
  “basso” per ogni termine o espressione impiegati.

4 I, i, 60 washing blow: si tratta di una citazione indiretta dalle Metamorfosi ovidiane, V, 203-204,
  «Quem ratus Astyages etiamnum vivere, longo / Ense ferit.», che, nella traduzione di Golding
  (1567) suona: «Astyages... Did with a longe sharpe arming sworde a washing blow him give».

5 I, i, 75 a crutch: i rappresentanti della tradizione, i “vecchi”, il mondo dei padri, insomma, è
  rappresentato sin dal suo primo apparire in modo comicamente degradato. Se la “spada”, d’altra
  parte, è sempre stata, in tutta la scena, intesa anche nel suo significato fallico, la sua
  sostituzione con una “stampella” è indicativa della sessualità aggressiva e bloccata dì questo
  mondo.

6 I, i, 81 Il discorso del Principe, con il suo accento sulla guerra fratricida, conduce il grottesco
  precedente verso una dimensione epico-rituale, come si coglie anche nell’accento posto sulla
  comunità “disturbata”, per il cui bene occorrerà la rituale vittima sacrificale.

7 I, i, 118-142 Con il dialogo tra Benvolio e Montecchi, inizia l’introduzione del mondo “cortese”,
  basato sui topoi della lirica provenzale, stilnovista e poi petrarchesca, che proprio in questo
  periodo vive una sua grande stagione nella sua versione inglese. Basti pensare alle raccolte di
  sonetti che vengono scritte in questi anni: Astrophel and Stella, di Sidney, 1591; Delia, di S.
  Daniel, 1592; Diana, di H. Constable, 1592 e ripubblicata nel 1594; Partenophil Phillis, di B.
  Barnes, 1593; Licia, di G. Fletcher, 1593; Phillis, di T. Lodge, 1593; Ideas Mirrour, di Drayton,
  1594; gli Amoretti, di Spenser, 1595; ecc. ecc.

8 I, i, 185 Che il discorso di Romeo sia costruito sul gusto delle antitesi, secondo un formulario a
  freddo della lirica cortese, non c’è dubbio. In questo primo atto il mondo della convenzione
  domina sovrano. C’è però da sottolineare come il topos dell’amore cieco, di derivazione
  iconografica tre-quattrocentesca (si veda in proposito Cupido Cieco, in E. Panofsky, Studi di
  Iconologia, Torino, 1975) diventi poi gradualmente carne viva, identificandosi con uno dei motivi
  principali del dramma. E ancora: che il contrasto cecità/buio vs. visione/luce sia inizialmente
  sviluppato sul contrasto Rosaline vs. Giulietta è fuori dubbio; resta però da osservare anche il
  legame tra buio-Rosalina-immaturità iniziale e buio-morte-maturità finale. Allo stesso modo, la
  visione ossimorica dell’amore, qui rappresentata a freddo, diverrà poi uno dei temi fondanti del
  dramma, nell’opposizione tra eros sublimato ed eros realizzato, tra amore istituzione e amore
  morte.

9 I, i, 218 Siamo qui in pieno mondo dei sonetti “matrimoniali”, e basti ricordare il primo, «Dalle più
  belle creature noi desideriamo discendenza / Sì che la rosa della bellezza mai non muoia», o il
  quarto, «Perché mai, bellezza troppo prodiga, / Spendi solo per te stessa il patrimonio della tua
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