Page 2499 - Shakespeare - Vol. 1
P. 2499

Note

1 ATTO I Nel primo episodio di questa sezione, in cui vien definito il progetto velleitario e iperbolico
  di un’accademia silvana, il contrasto è fra il rigorismo platonico-riformistico del giovane re di
  Navarra, e le perplessità dello spregiudicato Berowne, che sembra farsi portavoce del
  compromesso e della sprezzatura del Cortegiano castiglionesco. A ribadire i dubbi di Berowne
  interviene la lettera iperbolica di Armado, con la denunzia del comportamento scorretto del villano
  Melacotta, inconscio portavoce di una realistica Arcadia e vero «martire», come lui stesso si
  definisce, di quella verità persa di vista dai giovani nobili entusiasti. Del resto, la blanda punizione
  che il Re infligge al clown è la spia della poca convinzione nutrita dal re medesimo nella fattibilità
  dell’impresa. Il secondo episodio rispecchia e parodizza la prima scena, ed anticipa nell’infrazione
  di Armado, infatuato di Giachenetta, lo scacco dell’impresa giovanile. La scena serve a
  contrapporre alla retorica elegante della Corte la retorica ampollosa dei suoi snobistici parassiti.

2 I, i, 1 Il monologo d’apertura del Re è costruito con eloquenza severa, solenne e armoniosa, in
  tono ben diverso da quelli convenzionali che aprono una commedia, e piuttosto vicino a quello dei
  sonetti che esortano a vincere la morte con la creazione. Ma qui non la creazione fisica dei
  sonetti “matrimoniali”, né quella artistica di altri famosi sonetti. L’appello del Re è alla fama ch’era
  nel titolo dell’Accademia veneta della Fama (1557), egli vuol vincere la disgrazia della morte con
  la grazia della gloria acquisita con lo studio e la meditazione, con una “vita filosofica”. Il suo
  discorso propone un modello ascetico di vita e un modello di eloquenza. Però, a guardare
  attentamente la imagery della tirata, ci si accorge che il suo sublime spiritualismo e il suo
  platonico antifemminismo scorrono melodiosi su un sottofondo di militarismo feroce. Vincere il
  tempo e la morte è come un’azione di guerra per asservire le passioni e conquistare l’Onore,
  una fama tutta esteriore. Sotto il culto del “parlar bene”, nel suo giardino platonico, si cela in
  verità una falsa retorica, un “parlare e vivere male”. Fin dall’inizio i nuovi “accademici” inseguono
  il paradosso, l’esagerazione, l’iperbole che è il tropo principale dei loro discorsi.

3 I, i, 14 living art. I curatori inglesi notano l’incertezza della definizione: l’arte di viver bene, l’ars
  vivendi stoica, oppure l’arte vivente e vitale, capace di sconfiggere la morte. Per Berowne,
  quest’arte sarebbe piuttosto lo scopo dell’educazione aristocratica consigliata dal Castiglione per il
  suo cortegiano, un’arte per nulla ascetica che è anzitutto un sapere adatto a render piena e viva
  la vita terrena. Ma il re di Navarra è d’accordo con Robert Greene, che in The Royal Exchange
  del 1590 scriveva di Platone che «egli era solito dire che il più grande nemico della memoria è
  l’attività venerea».

4 I, i, 93 I versi 80-93 formano il primo sonetto in cui Berowne tenta di dar forma alla propria idea
  dello studio, benefico ma pericoloso come la luce del sole, che va presa con moderazione. Lo
  studio che non è utile alla vita viene esemplificato con la facile e vanitosa attività degli astronomi
  che «danno dei nomi» alle stelle ma non riescono a ricavarne più profitto degli ignoranti che
  godono d’una notte stellata. La migliore guida al sapere sono per lui, ben poco platonicamente,
  gli occhi di una donna.

5 I, i, 103 Berowne intende che non è lecito vantarsi per qualcosa che non s’è ottenuta, o menare
  vanto d’una maturità raggiunta senza essere passati per la primavera, il godimento della
  gioventù.

6 I, i, 150 by special grace. Una speciale assistenza divina, e non un ordine dall’alto, può solo
  controllare le passioni umane. Il secondo sonetto gnomico di Berowne (vv. 147-158, in verità
  una forma irregolare e decurtata di sonetto) rivela sotto la sprezzatura cortigiana la fede che
  sorregge il buon senso coscienzioso e la way of life del personaggio, che si direbbe opponga un
  suo cattolicesimo al fondamentalismo riformista del Re.

7 I, i, 182 farborough. È la versione che dà il gendarme Intronato del termine thirdborough, il
  grado più basso di constable o agente di polizia urbana.
   2494   2495   2496   2497   2498   2499   2500   2501   2502   2503   2504