Page 1282 - Shakespeare - Vol. 4
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     PALAMONE
               C’è più d’un uomo a questo mondo che è sopravvissuto
               all’amore degli altri; già, e nello stesso stato
               v’è più d’un padre rispetto al figlio; qualche conforto
               abbiamo considerando ciò. Noi spiriamo,
               ma non senza la pietà altrui; di continuare la vita
               il loro augurio ci accompagna. Ed evitiamo
               la detestabile miseria della vecchiaia, aggiriamo
               la gotta e il catarro, che in ore tarde tendono
               agguati ai grigi viandanti; veniamo al cospetto degli dei
               giovani e non sfioriti, non curvi sotto cumuli
               di colpe non espiate; che certo si compiaceranno gli dei
               piuttosto che a cotali, dividere il loro nettare con noi,
               poiché noi siamo spiriti più chiari. Cari congiunti miei,
               che deponete la vita davanti a questo povero conforto,
               per troppo, troppo poco l’avete perduta.
              PRIMO CAVALIERE
                               Quale fine sarebbe
               di maggiore conforto? Su di noi i vincitori hanno
               solo la fortuna, il cui favore è temporaneo
               quanto per noi la morte è sicura; d’un granello d’onore
               non ci superano in peso.
              SECONDO CAVALIERE
                               Diciamoci addio,
               e con la rassegnazione irritiamo la vacillante fortuna,
               che pure quand’è più salda, ondeggia.
              TERZO CAVALIERE
                               Orsù, chi va per primo?
              PALAMONE
               Sia quello che vi condusse a questo banchetto
               a dar l’assaggio per tutti voi. [Al Carceriere] Aha, amico mio, amico mio,
               la vostra gentil figliola mi dette la libertà una volta;
               a voi adesso di darmela per sempre. Prego, come sta?
               Sentii che non stava bene; il tipo di malanno





