Page 9 - Canti di Castelvecchio
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E lungamente mi sorriderete,
            quando venite ai Vespri a questa Cura
            di San Nicola. Un hammerless! Sapete?
            che non ha cani: a triplice chiusura.
              “Bello, ma dica: quello del Fusari...”
            “Questo è un hammerless!” “Quello non ha cani”.
            “Questo è inglese!” Ah! inghilese! “Di Field, cari!”
              Tacciono: io regno indifferente e cupo.
            “Codeste selve batterò domani...”
            tra me dico, a voce alta. “In bocca al lupo!”
              Ecco l'alba (tra selve aride i fossi
            vanno col fumo di vaporiere),
            piena d'un tintinnìo di pettirossi,
            cui risponde un tac tac di capinere...
              Su la nebbia che fuma dal sonoro
            Serchio, leva la Pania alto la fronte
            nel sereno: un aguzzo blocco d'oro,
              su cui piovano petali di rose
            appassite. Io che l'amo, il vecchio monte,
            gli parlo ogni alba, e molte dolci cose
              gli dico:
                           LA PANIA
              O monte, che regni tra il fumo
            del nembo, e tra il lume degli astri,
            tu nutri nei poggi il profumo
            di timi, di mente e mentastri.
              Tu pascoli le api, o gigante:
            tu meni nei borri profondi
            la piccola greggia ronzante.
              Sei grande, sei forte: e dai cavi
            tuoi massi tu gemi, tu grondi
            del limpido flutto dei favi.
              Sei buono tu, grande tra i grandi:
            né spregi la nera capanna.
            Al pio boscaiolo tu mandi
            sovente la ricca tua manna.
              Gli mandi un tuo sciame, che scende
            giù giù per la valle remota,
            qual tremulo nuvolo, e splende.
              Lo segue un tumulto canoro;
            ché timpani, cembali, crotali
            chiamano il nuvolo d'oro. -
              Dico: egli ride roseo, ma scorso
            il suo minuto, ridoventa azzurro
            e grave. Io scendo lungo il Rio dell'Orso,
            ne seguo un poco il fievole sussurro.
              E me segue un tac tac di capinere,
            e me segue un tin tin di pettirossi,
            un zisteretetet di cincie, un rererere
              di cardellini. Giungo dove il greto


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