Page 3 - Canti di Castelvecchio
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CANTI DI CASTELVECCHIO

            di Giovanni Pascoli




            1. La poesia

            I
              Io sono una lampada ch'arda
                   soave!
            la lampada, forse, che guarda,
            pendendo alla fumida trave,
                   la veglia che fila;
              e ascolta novelle e ragioni
                   da bocche
            celate nell'ombra, ai cantoni,
            là dietro le soffici rócche
                   che albeggiano in fila:
              ragioni, novelle, e saluti
            d'amore, all'orecchio, confusi:
            gli assidui bisbigli perduti
            nel sibilo assiduo dei fusi;
            le vecchie parole sentite
            da presso con palpiti nuovi,
            tra il sordo rimastico mite
                   dei bovi:


            II
              la lampada, forse, che a cena
                   raduna;
            che sboccia sul bianco, e serena
            su l'ampia tovaglia sta, luna
                   su prato di neve;
              e arride al giocondo convito;
                   poi cenna,
            d'un tratto, ad un piccolo dito,
            là, nero tuttor della penna
            che corre e che beve:
              ma lascia nell'ombra, alla mensa,
            la madre, nel tempo ch'esplora
            la figlia più grande che pensa
            guardando il mio raggio d'aurora:
            rapita nell'aurea mia fiamma
            non sente lo sguardo tuo vano;
            già fugge, è già, povera mamma,
                   lontano!

            III
              Se già non la lampada io sia,


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