Page 402 - Shakespeare - Vol. 4
        P. 402
     Già, e a che fine poi?
               Chi non ha cuore di affrontare il nemico
               sarà pur sempre mio caro amico,
               perché se farà ciò che è nato per fare
               anche da me vorrà presto scappare.
               Bene, mi avete fatto parlare in rima.
              NOBILE
                               Addio, siete di malumore.
                                                                                                           Esce.
              POSTUMO
               Ecco che fugge ancora. E sarebbe un nobile?
               Assai misera nobiltà, trovarsi sul campo
               e chiedere a me «che novità?». Quanti, oggi,
               non avrebbero ceduto il proprio onore pur
               di salvare la carcassa? Hanno girato i tacchi,
               per farlo: e tuttavia sono morti. Io, prigioniero
               della mia angoscia, non riuscivo a trovare la morte
               dove la udivo gemere, né a sentirne i colpi
               quando li sferrava. Mostro orrendo qual è,
               lascia straniti che si nasconda dentro dolci coppe,
               su morbidi letti o in tenere parole, e che colà
               abbia più complici che tra noi, che i suoi pugnali
               sfoderiamo in guerra. Bene, la stanerò. Poiché ora
               favorisce i britanni, smessi i loro panni
               farò ritorno alla parte con cui sono venuto.
               Non ho più voglia di battermi, mi arrenderò
               al primo zotico che mi tocca la spalla.
               Grande è il massacro compiuto dai romani;
               lo sia altrettanto la britannica rivalsa.
               Quanto a me, mio solo riscatto è la morte.
               Che gli uni o gli altri mi tolgano il soffio vitale:
               non voglio più serbarlo né riportarlo indietro,
               ma in qualche modo dargli fine per Imogene.
                                 Entrano due Capitani britanni e diversi Soldati.
     	
