Page 250 - Galileo. Scienziato e umanista.
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     scudi  all’anno,  che  poteva  raddoppiare  con  lezioni  private  e
                prendendo  a  pensione  degli  studenti.  Il  carico  ufficiale  di
                insegnamento non era oneroso e per il resto «sono liberissimo,
                et assolutamente mei iuris», tranne che per gli studenti privati e
                i pensionanti. «[Q]uando io dovessi ripatriarmi, desidererei che
                la prima intenzione di S. A. S. fusse di darmi otio et comodità di
                potere tirare a fine le mie opere, senza occuparmi in leggere»:
                avrebbe  sostituito  le  entrate  ora  descritte  con  il  guadagno
                ricavato dalla stesura di nuovi libri «indirizzati sempre al Ser.                     mo
                nome  del  mio  Signore»,  e  dal  perfezionamento  delle  proprie
                invenzioni, «tante e tali [che] potria esser S. A. sicura di non
                esser per impiegare in alcuna di esse i suoi danari inutilmente».
                E Galileo continuò, come un piazzista o come un Della Porta:
                «Io de i secreti particolari, tanto di utile quanto di curiosità et
                admirazione,  ne  ho  tanta  copia  […]  Magna  longeque
                admirabilia apud me habeo». Tra le carte sulla propria scrivania
                aveva  due  libri  sull’universo  («concetto  immenso  et  pieno  di
                filosofia,  astronomia  et  geometria»);  tre  sul  moto  («scienza
                interamente  nuova  […]  et  ritrovata  da  me  sin  da  i  suoi  primi
                principii»); tre sulla meccanica («quello che ne è stato scritto sin
                qui, né in quantità né in altro è il quarto di quello che ne scrivo
                io»);  e  libri  sul  suono  e  sulla  voce,  sulla  visione  e  sui  colori,
                sulle  maree,  sulle  quantità  continue,  su  questioni  militari…
                «bisogna che i’ pensi al disoccuparmi da quelle occupazioni che
                possono  ritardare  i  miei  studii».  Quanto  al  titolo,  un  punto
                importante  a  corte,  Galileo  chiese  che  comprendesse
                «Filosofo», oltre che «Matematico»: «professando io di havere
                studiato piú anni in filosofia, che mesi in matematica pura». La
                lettera  si  conclude  con  quella  che  è  la  frase  piú  vera  in  essa
                contenuta:  «se  bene  questo  a  lei,  che  è  consueta  a  maneggiar
                negozii gravissimi, parerà frivolissimo et leggiero, a me però è
                egli  il  piú  grave  che  io  possa  incontrare,  concernendo  la
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                mutazione o la confirmazion di tutto lo stato et l’esser mio» .
                    Cosimo si disse velocemente d’accordo su tutto e inviò 200





