Page 228 - Oriana Fallaci - 1968
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città  travestiti  da  marine  sudvietnamiti,  o  nascosti  dentro
                camion carichi di mattoni, chiusi nei bussolotti. Ma i bussolotti

                non  erano  ventilati  e  così  molti  son  giunti  morti  per
                soffocamento.

                    Mi inginocchio accanto a lui, a guardargli quel volto magro,
                doloroso,  smarrito,  lui  mi  acchiappa  il  polso  con  fragilissime
                dita e in francese sussurra: «Boire, boire». Vado a cercargli un

                po’ d’acqua, gliela verso piano fra le labbra pensando che strana
                commedia è la guerra. Magari Thai Van Ty era fra quelli che mi

                sparavan sul ponte. Ma adesso Thai Van Ty mi fissa con occhi
                sorpresi  e  aggiunge:  «Manger,  manger».  Allora  l’ufficiale

                medico,  dottor  Nguyen  Ngov  Quy,  si  avvicina  e  gli  dice:
                «Tranquillo, stai tranquillo, te lo faccio portare», poi quando la

                ciotola  arriva,  riso  e  verdura,  la  prende  lui  stesso  e  con  gesti
                gentili, quasi affettuosi, lo imbocca.
                    «Questo è meno grave, vero, dottore?» gli chiedo. Il dottor

                Nguyen Ngov Quy scuote piano la testa: «Quanto a ferite sì».
                «Cosa vuoi dire, dottore?» «Voglio dire che l’altro è del Nord,

                questo è del Sud. È un sudvietnamita ed è sempre più grave.»
                    Capisco  più  tardi,  quando  ci  appartiamo  a  fumare  una

                sigaretta  e  gli  parlo  dei  negoziati  a  Parigi:  «Cosa  ne  pensa,
                dottore?».  «Cosa  vuol  che  ne  pensi.»  Stringe  le  labbra  e  non

                aggiunge altro ma so bene quel che voleva dire: quel che dicono
                tutti, quel che ha detto la mia parrucchiera quando sono andata a
                salutarla, ed è una ragazza intelligente che ammira Ho Chi Minh

                e odia i comunisti, quel che ha detto un mio amico avvocato ed
                è un liberale che rispetta a suo modo i vietcong: «Gli americani

                ci hanno tradito. Gli americani ci stanno vendendo ai comunisti.
                Vogliono  andarsene,  ormai  se  ne  andranno,  e  quando  saranno
                andati non ci sarà più nulla da fare per noi. Perché si ripeterà la

                solita storia: faranno un governo di coalizione poi il governo di
                coalizione cadrà, i comunisti prenderanno il sopravvento e chi

                non  è  con  loro  finirà  sulla  forca».  Il  mio  amico  avvocato  si
                prepara  a  lasciare  Saigon,  ha  già  spedito  cinque  o  sei  casse  a

                Parigi. Un mucchio di gente si prepara a lasciare in questi giorni
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