Page 7 - Pablo Picasso
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ininterrottamente,  l’essenza  del  suo  genio  creativo  non  coincide  con
           quella  solitamente  associata  al  concetto  di  “artiste-peintre”.  Sarebbe,

           forse, più corretto considerarlo un artista-poeta, perché il suo lirismo, la
           sua psiche, libera dai ceppi della realtà mondana, il suo talento per la
           trasformazione  metaforica  della  realtà  sono  connaturati  alla  sua  arte

           figurativa  quanto  all’immaginario  del  poeta.  Secondo  Pierre  Daix,
           «Picasso si è sempre considerato un poeta che preferisce esprimersi per

           mezzo  di  disegni,  dipinti  e  sculture».[1]  Sempre?  Questo  punto
           richiede un chiarimento. L’affermazione vale certamente per gli anni
           Trenta,  quando  Picasso  scriveva  poesie,  e  per  gli  anni  Quaranta  e

           Cinquanta,  quando  si  dedicò  a  scrivere  commedie.  Non  c’è  dubbio,
           tuttavia, sul fatto che sin dall’inizio Picasso fu sempre «un pittore tra i

           poeti, un poeta tra i pittori».[2]
              Picasso provava una fortissima attrazione per la poesia e, a sua volta,

           attraeva  i  poeti  come  un  magnete.  Quando  conobbe  Guillaume
           Apollinaire, questi rimase colpito dall’abilità di quel giovane spagnolo

           che senza difficoltà  “cavalcava le  barriere lessicali  “cogliendo le  più
           sottili sfumature della poesia recitata. Si potrebbe addirittura affermare,
           senza  tema  di  smentita,  che  come  da  un  lato  l’intima  amicizia  di

           Picasso con i poeti Jacob, Apollinaire, Salmon, Cocteau, Reverdy ed
           Eluard lasciò senz’altro un’impronta in ognuno dei principali periodi

           della  sua  produzione  artistica,  non  meno  vero  è  che  la  sua  opera
           innovativa ebbe una forte influenza sulla poesia francese (e non solo)

           del XX secolo. E l’accostamento dell’arte picassiana – così immediata
           e limpida, ma a volte anche accecante, opaca e misteriosa – a quella del

           poeta è dettata dall’opinione che l’artista medesimo aveva della propria
           opera. «In fondo» spiegava «le arti sono un tutt’uno: si può scrivere un
           dipinto, così com’è possibile dipingere sensazioni con una poesia.» E

           in un’altra occasione dichiarò: «Se fossi nato cinese, non sarei pittore,
           bensì scrittore. Scriverei i miei quadri».[3]

              Picasso, però, nacque spagnolo e – si dice – cominciò a disegnare
           prima  ancora  di  imparare  a  parlare.  Già  da  piccolissimo  era
           istintivamente  attratto  dagli  strumenti  dell’artista.  Durante  la  prima

           infanzia  era  capace  di  trascorrere  ore,  felicemente  concentrato,  a
           disegnare spirali il cui senso e il cui significato erano noti a lui solo; o

           ancora a tracciare le sue prime figure nella sabbia, tralasciando i giochi
           da  bambini.  Questa  precoce  esigenza  espressiva  racchiudeva  la

           promessa  di  un  raro  talento.  La  prima  fase  della  vita,  quella  pre-
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