Page 934 - Shakespeare - Vol. 3
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a quel destino, con umano attaccamento alla vita. Giulietta, dal canto suo, è
          desiderosa di maternità quanto partecipe di un pentimento che non rinnega
          l’amore: in entrambi la passione agisce in forma antitetica alla sua prevalente
          perversione  nel  dramma,  è  l’unica  a  non  essere  connessa  con  tradimenti,

          rapina, lenocinio, inganno e frode.
          Tale  perversione  viene  ribadita  dalla  preminenza  data  alla  corruzione  dei
          bassifondi di Vienna, al mondo di mezzane, prostitute e lenoni in cui sguazza
          Lucio: una conferma della sua diffusione, ma anche un contraltare, se è vero

          che  questo  mondo  rovesciato  rappresenta  uno  specchio  grottesco  e  ironico
          del mondo dei potenti, una sfida ai precetti legalitari e religiosi della società,
          e  in  certa  misura  una  sua  critica. Questa  corruzione  esplicita,  proclamata,
          perseguita un po’ da tutti nonostante i freni (cfr. IV, iii, 1-18), rappresenta una

          sorta  di  mondo  carnascialesco,  tetro  e  cupo  finché  si  vuole,  che  nella  sua
          accettazione  delle  debolezze  umane  contrasta  con  la  corruzione  tutta
          interiore, nascosta, contorta, dei potenti. Lucio e i suoi ne escono, in fondo,
          meglio  degli  altri:  e  infatti  il  saggio  e  misurato  Escalo  su  di  loro  mitiga  il

          giudizio e la pena (II, i), benché nello “schema” redentore del Duca l’unico a
          non ottenere perdono sia proprio Lucio (che pure non sfugge alla legge del
          matrimonio finale per tutti).
          Può  essere  che  Lucio  debba  essere  il  solo  a  pagare  perché  agli  occhi  di

          Giacomo I e della sua corte (dove Measure for Measure venne rappresentato)
          la calunnia in genere, e in particolare quella verso i regnanti, era considerata
          alto  tradimento  ed  il  peggior  peccato  (cfr.  III,  ii,  173-176  e V,  i,  520:
          «Slandering  a  prince  deserves  it»).  Ma  è  anche  vero  che  il  personaggio

          sardonico,  trasgressivo,  ironico  del  povero  Lucio  −  il  quale  assomma  in  sé
          aspetti del cortigiano sciocco, del galante, dello stravagante e del buffone, un
          inarrestabile chiacchierone (come Parolles) che non sa mai quando fermarsi e
          anzi  insiste  a  scavarsi  con  le  proprie  mani  la  fossa  −  sembra  una  sfida

          all’autorità che fa quel che vuole dei suoi sudditi. Mezzane e lenoni, puttanieri
          e gendarmi sciocchi, come sempre in Shakespeare, entrano in scena per dare
          sollievo comico, allentare la tensione, ma anche per esplicitare ciò che negli
          altri  è  celato,  latente  o  represso;  in  linea  con  il  carattere  discordante  del

          dramma sono anch’essi sconclusionati e inconclusivi (II, i). Gli unici ad opporsi
          con la loro solidità e fermezza alle oscillazioni e lacerazioni interiori prevalenti
          nei “potenti” appaiono allora Giulietta, così arroccata nella sua maternità, e
          paradossalmente Bernardino − la voce del ribelle a tutto e tutti, che si ribella

          persino, e ci riesce, alla sentenza di morte che da anni gli pende sul capo, e
          alla  fine  avrà  una  delle  tante  indulgenze  plenarie  anche  lui.  Bernardino
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