Page 1754 - Shakespeare - Vol. 3
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hanno sofferto il peggio; sono infelice per te,
Re oppresso; in quanto a me
saprei affrontare il cipiglio della falsa Fortuna.
Non vedremo queste figlie, queste sorelle?
LEAR
No, no, no, no! Vieni,
andiamo in prigione. Noi due da soli canteremo
come uccelli in gabbia; quando tu chiederai
la mia benedizione, io cadrò in ginocchio
e chiederò il tuo perdono; così vivremo
e pregheremo e canteremo e ci racconteremo
antiche storie, e rideremo delle farfalle
dorate, e ascolteremo poveri malviventi
parlare delle novità della corte; e anche noi
parleremo con loro − di chi perde e di chi vince,
di chi è dentro e di chi è fuori − e prenderemo su di noi
il mistero delle cose come se fossimo
le spie degli Dei; e tra i muri di una prigione
vedremo consumarsi partiti 71 e sette
di potenti, che s’alzano e s’abbassano come
la marea sotto l’influsso della luna.
EDMUND
Portateli via.
LEAR
Su simili sacrifici, mia Cordelia,
gettano incenso gli stessi Dei.
Ti ho presa? Chi ci separa dovrà
portarsi un tizzone dal cielo e col fuoco
scacciarci da qui come volpi. Asciuga
i tuoi occhi; li divoreranno i malanni, 72
carne e tutto, prima che ci facciano
piangere. Li vedremo morire di fame,
prima. Vieni.
(Escono Lear e Cordelia, sotto scorta.)