Page 163 - Shakespeare - Vol. 3
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     gli farò preparare per l’occasione un calice
               di cui basterà un sorso, se per caso
               sfuggisse alla stoccata, e il nostro affare
               è fatto. Aspetta, che c’è ora?
                                                     Entra la Regina.
              REGINA
               Una sventura pesta le calcagna dell’altra,
               così fitte vengono. Tua sorella è annegata, Laerte.
              LAERTE
               Annegata? Dove?
              REGINA  52
               C’è un salice che cresce di sghembo sul ruscello
               e specchia le sue foglie canute nel fluido vetro.
               Con esse ella intrecciava ghirlande fantastiche
               di ortiche, di violacciocche, di margherite, e lunghe
               orchidee rosse a cui i pastori sboccati
               danno un nome più basso, ma le nostre
               fredde vergini chiamano dita di morto. Lì
               mentre s’arrampicava per appendere ai rami
               penduli i serti d’erba, un ramoscello maligno
               si spezzò, e giù i trofei verdi e lei stessa
               caddero nel ruscello querulo. Le vesti
               le si gonfiarono intorno, e come una sirena
               la sorressero un poco, che cantava
               brani di laudi antiche, come una che non sa
               quale rischio la tenga, o come una creatura
               nata e formata per quell’elemento.
               Ma non poté durare molto: le vesti
               pesanti ora dal bere
               trassero l’infelice dalle sue melodie
               a una morte fangosa.
              LAERTE
                               Ahimè, dunque è annegata.





