Page 316 - Galileo Galilei - Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
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     leggiera e che l’aria non seguisse il moto della nave; ma quando l’aria si
          movesse con pari velocità, niuna immaginabil diversità si troverebbe né
          in  questa  né  in  qualsivoglia  altra  esperienza,  come  appresso  son  per
          dirvi. Or, quando in questo caso non apparisca diversità alcuna, che si
          deve pretender di veder nella pietra cadente dalla sommità della torre,
          dove il movimento in giro è alla pietra non avventizio e accidentario, ma
          naturale ed eterno, e dove l’aria segue puntualmente il moto della torre, e
          la torre quel del globo terrestre? Avete voi, Sig. Simplicio, da replicar
          altro sopra questo particulare?
          SIMP. Non altro, se non che non veggio sin qui provata la mobilità della
          Terra.
          SALV. Né io tampoco ho preteso di provarla, ma solo di mostrare come
          dall’esperienza  portata  da  gli  avversarii  per  argomento  della  fermezza
          non si può cavar nulla; sì come credo mostrar dell’altre.
          SAGR. Di grazia, Sig. Salviati, prima che passare ad altro, concedetemi
          che io metta in campo certa difficultà che mi si è raggirata per la fantasia
          mentre voi stavi con tanta flemma sminuzolando al Sig. Simplicio questa
          esperienza della nave.
          SALV.  Noi  siam  qui  per  discorrere,  ed  è  bene  che  ogn’uno  muova  le
          difficultà  che  gli  sovvengono,  ché  questa  è  la  strada  per  venir  in
          cognizion del vero. Però dite.
          SAGR.  Quando  sia  vero  che  l’impeto  col  quale  si  muove  la  nave  resti
          impresso indelebilmente nella pietra, dopo che s’è separata dall’albero, e
          sia  in  oltre  vero  che  questo  moto  non  arrechi  impedimento  o
          ritardamento al moto retto all’ingiù, naturale alla pietra, è forza che ne
          segua un effetto meraviglioso in natura. Stia
                                                                            Accidente maraviglioso
          la  nave  ferma,  e  sia  il  tempo  della  caduta                nel moto de’
          d’un sasso dalla cima dell’albero due battute
                                                                            proietti.
          di polso: muovasi poi la nave, e lascisi andar
          dal medesimo luogo l’istesso sasso, il quale, per le cose dette, metterà
          pur il tempo di due battute ad arrivare a basso, nel qual tempo la nave
          avrà, v. g., scorso venti braccia, talché il vero moto della pietra sarà stato
          una linea trasversale, assai più lunga della prima retta e perpendicolare,
          che è la sola lunghezza dell’albero: tuttavia la palla l’avrà passata nel
          medesimo tempo. Intendasi di nuovo il moto della nave accelerato assai
          più, sì che la pietra nel cadere dovrà passare una trasversale ancor più
          lunga dell’altra; ed insomma, crescendosi la velocità della nave quanto si
          voglia,  il  sasso  cadente  descriverà  le  sue  trasversali  sempre  più  e  più
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