Page 254 - Lezioni di Letteratura Italiana
P. 254

invasa da un fuoco mistico che fa cigolare, spuntare, soffiare questi tronchi. E poi,
               per chi legga quel canto, il Poeta non ha solo il significato delle parole a sua dispo-
               sizione per esprimere il suo pensiero; à (ha) anche, di queste parole il suono, perché
               il Poeta è molto vicino al musico. Perciò tanti sono gli s e gli r di cui il canto sovrab-
               bonda che egli cigola, sputa, freme.(P. e. gli s impuri sono molti nei versi dal 91 al
               111 [Canto XIII Inf.]). Fuoco, dunque, in tutte tre le divisioni del cerchietto pri-
               mo. Questo peccato, per aver volontà, è più grave di quelli di incontinenza in cui la
               volontà non c’è, c’è solo l’istinto (...la ragion sommettono al talento» [Inf. V. 79].
               Talento vale appetito, quindi: seguono come bestie l’appetito); in esso la ragione è
               oppressa, nascosta, non si vede. Infatti, è ben naturale l’amore, il mangiare, il con-
               servare i mezzi della nostra vita; ma è il troppo, qui, che guasta. Dobbiamo anche,
               sdegnare, reagire al male: questa è natura, ma il troppo o il troppo poco sono peccati.
                     Questo peccato dalla violenza, nonostante che, per aver volontà sia più grave
               degli altri su citati, rassomiglia a quello della incontinenza; però, ripeto, c’è la vo-
               lontà di più; ma è volontà su cui l’intelletto, la ragione, non spande i suoi raggi, non
               la illumina, non la dirige; quindi è molto simile alla pura e semplice ferita di quei
               peccatori più leggeri rapiti dal vento, battuti dalla pioggia; di quei peccatori, che ro-
               tolano i pesi e che si bisticciano nel brago dello Stige. Quell’ elemento che in loro
               manca, ossia l’intelligenza, se poi si trova in un peccato, lo fa molto più grave, perché
               tutta la luce possibile, tutto lo spirito era presente alla cattiva azione, e chi la fece,
               non se ne volle astenere. Perciò, da quei cerchietti al seguente vi è un grande abisso
               da attraversare e da scendere e non c’è, come dal primo al secondo, una via fatta co-
               me di rovine in pendio. Come fanno a scendere da questa parete a picco i due poeti?
               Con un accorgimento, fanno venir su un mostro infernale. Questo mostro ha la fac-
               cia d’uomo giusto; ha due branchie pelose e il resto del corpo è di serpente; non ha
               più due nature, ne ha tre: faccia d’uomo, branchie, fusto di serpente. Si chiama, con
               un nome pagano, Gerione, che in Viriglio, è chiamato ora trigenuino, ora tricorpo,
               cioè, di tre vite o di tre nature. Siamo, ora, ad un peccato che ha tutte tre le condizio-
               ni di gravità; ossia, in esso, è depravata l’anima sensitiva, la volontà, l’intelligenza.
               Questo peccato è la frode.


                                          7  LEZIONE
                                           ª
                                           (Continua)

               Fin  qui  vi sono stati peccati  meramente  bestiali  o  semiferini. Ora che ven-
               gono peccati e peccatori veramente umani, anche i supplizi diventano uma-
               ni  o  disumani,  come  è  l’uso  di  questa  parola.  (È  umano, si dice  spesso  di  cosa

                                               - 31 -







                                                                                271
   249   250   251   252   253   254   255   256   257   258   259