Page 13 - Oriana Fallaci - Intervista con se stessa. L'Apocalisse.
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La testa resiste benissimo. Nel mio caso il motto «Mens sana in
                corpore sano» va sostituito col motto «Mens sana in corpore

                infirmo». Perché ragiono, scrivo, combatto come prima e più di
                prima. È come se la mia mente fosse del tutto estranea al mio

                corpo. O come se col male del corpo la mente si rinforzasse. Un
                fenomeno interessante. I medici dovrebbero studiarlo, scoprire

                se tra il sistema neurologico e la malattia v'è una sorta di

                rivalità, infine chiedersi: può il cervello controllare, tenere a
                bada, un mucchio di cellule impazzite? Può la mente opporsi

                alla morte, ostacolarla, ritardarla? Io penso di sì. Non a caso
                sostengo che l'anima è una formula chimica. Bè, forse quella

                formula contiene gli anticorpi che rifiutando di lasciarsi
                soggiogare dalle cellule impazzite mi forniscono, per ora, una

                specie di immunità.


                Me ne rallegro e chiarisco subito un punto. Questa intervista

                non avrà nulla in comune con quelle che facevamo ai potenti
                della Terra. Tantomeno seguirà la traccia de «Il compagno

                segreto»: il racconto dove, attraverso l'alter-ego che si

                nasconde sulla sua nave, Joseph Conrad fruga nella propria
                coscienza e cerca di capire sé stesso. Il mio ruolo, stavolta, sarà

                semplicemente quello di porle brevi domande, spronarla a
                parlare. D'accordo?



                D'accordo, ma di punti io devo chiarirne altri due o tre. Primo:
                detesto le interviste. Le ho sempre detestate, incominciando da

                quelle che facevamo ai cosiddetti potenti-della-Terra. Per esser
                buona un'intervista deve infilarsi, affondarsi, nel cuore

                dell'intervistato. E questo mi ha sempre incusso disagio. In
                questo ho sempre visto un atto di violenza, di crudeltà. Secondo:

                in maniera particolare ho sempre detestato quelle che i

                giornalisti facevano a me, non di rado manipolando le mie
                parole, alterandole fino a rovesciarne il significato, aggiungendo

                al testo scritto domande che non avevano avuto il coraggio di



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