Page 96 - La passione di Artemisia
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Quella sarebbe stata una sfida, dipingere un rumore.

               Giuditta  avrebbe  potuto  guardare  alla  sua  sinistra,  in  direzione  del
          pericolo,  esattamente  come  David,  e  il  suo  collo  robusto  avrebbe  potuto
          avere la stessa curva di quello di David.

               Invece  della  fionda,  sulla  spalla  avrebbe  potuto  appoggiare  la  spada;
          anzi,  sul  merletto  della  camicia.  Mi  piaceva  l'idea;  magari  la  lama  della
          spada che taglia il merletto.
               Spada  e  merletti:  due  mondi  così  diversi  ma  che  si  toccano
          pericolosamente.  Sì.  Sarebbe  stata  una  cosa  nuova.  Tutta  mia.  E  non

          sarebbe  appartenuta  a  un'epoca  in  cui  le  donne  nascondevano  le  loro
          capacità perché sottomesse a un uomo, fosse pure il marito.
               Una mattina presto, parecchi mesi dopo l'inizio del lavoro, mi recai con

          Palmira al di là dell'Arno, nella strada degli antiquati, che sapevo le sarebbe
          piaciuta.  In  una  bottega  di  roba  usata  comprai  un  vecchio  specchio
          quadrato  da  tavolo,  che  girava  su  un  meccanismo.  A  casa  lo  posai  sulla
          tavola  e  studiai  il  mio  collo  e  quello  della  mia  Giuditta,  cioè  il  collo  di
          Vanna, dal momento che l'avevo chiamata di nuovo a farmi da modella. Il

          collo di Vanna, così come l'avevo dipinto, era troppo delicato. Giuditta non
          poteva essere tanto graziosa e delicata. Avevo avuto ragione a dirle di non
          venire  quel  giorno,  anche  se  aveva  chiesto  di  essere  pagata  lo  stesso.  Mi

          misi al lavoro e dipinsi sopra il collo di Vanna il mio, che era più robusto,
          con i primi segni di un incipiente doppio mento.
               Quando Vanna arrivò, il giorno seguente, Pietro non era ancora andato
          via.  Vanna  diede  un'occhiata  al  dipinto  e  urlò:  «Che  hai  fatto?  L'hai
          rovinato. Quella non sono io!»

              «No, è Giuditta. Ma gli occhi, la bocca e i capelli saranno i tuoi».
               Tirò  su  col  naso  mettendo  il  broncio.  «Quel  collo  è  brutto».  Con  gli
          occhioni  lacrimosi  e  un'espressione  pietosa,  si  appellò  a  Pietro:  «Non

          credete che sia brutto?»
              «E'  il  collo  del  David»,  dissi,  prima  che  Pietro  potesse  avere
          l'opportunità di rispondere. «Che è in piazza della Signoria».
              «Ti aspetti che me ne senta orgogliosa? La gente non saprà che sono io,
          con  quel  collo  da  uomo.  Pietro,  come  avete  potuto  lasciare  che  mi

          rovinasse?»
              Preso tra noi due, si strinse nelle spalle e alzò le braccia sconsolato.
              «Vanna, per favore, soffiati il naso e mettiti in posa. Mi servi solo per

          qualche altro giorno».
               Rifletté un momento. «Compenso doppio. Rimango solo se mi paghi un
          doppio compenso».
               Rimanemmo tutti a guardarci, in attesa che fosse l'altro a fare la prima
          mossa.



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