Page 54 - Francesco tra i lupi
P. 54

Mentre  il  primo  anno  di  pontificato  di  Francesco  era  segnato  da  questo  dibattito,  la  Chiesa  anglicana
    d’Inghilterra stabiliva nel sinodo del 20 novembre 2013 il principio dell’accesso delle donne all’episcopato.
    Praticamente all’unanimità: 378 voti a favore, 8 contrari e 25 astenuti. Ventun anni prima aveva aperto alle
    donne l’accesso al sacerdozio.
      A Effretikon Monika Schmid, la guida della piccola parrocchia svizzera, mi ha detto che se una domenica
    domandasse ai fedeli se vogliono la donna sacerdote, i tre quarti risponderebbero di sì. Specialmente i giovani
    non capiscono l’esclusione. Potesse parlare con Francesco, gli chiederebbe: «Ascolti le donne e faccia piazza
    pulita della favola insostenibile, secondo cui motivi teologici impediscono il sacerdozio femminile». Il suo
    sogno  è  che,  quando  sarà  in  pensione,  il  Vaticano  autorizzi  almeno  il  diaconato  femminile.  Quando
    Francesco è stato eletto Monika ha provato una grande contentezza, «ma il fossato tra la gente e l’istituzione è
    grande. Vorrei un’udienza, anche non da sola, per dirgli come viviamo alla base».
      Il  punto  nodale  è  la  crisi  del  clero.  La  parrocchia  è  stata  la  grande  invenzione  del  cristianesimo.  Un
    territorio,  un  popolo  di  fedeli,  una  guida  spirituale  a  stretto  contatto  con  loro.  Questa  struttura,  che  ha
    sostenuto per secoli il tessuto del cattolicesimo, si sta sgretolando per la drammatica mancanza di vocazioni.
    Negli Stati Uniti e nell’Europa settentrionale si vendono le chiese. Ovunque nel Primo mondo si accorpano
    le  parrocchie  e  si  perde  il  confronto  quotidiano  tra  parroco  e  parrocchiani.  Nel  Terzo  mondo  molte
    parrocchie sono così grandi e distanti fra loro che per mesi non vedono un parroco. Con il procedere della
    crisi  la  stessa  questione  del  sacerdozio  femminile  ha  cambiato  fisionomia.  Se  negli  anni  Settanta  era
    soprattutto sentita come una questione di parità, e lo è in parte anche ora, nel XXI secolo – dal punto di vista
    della sopravvivenza della struttura territoriale dell’istituzione ecclesiale – l’approccio è rovesciato. Non è più
    una questione soltanto soggettiva; il problema oggettivo riguarda il modo di strutturare le comunità cristiane
    del futuro.
      Mentre  a  Roma  gli  ultimi  due  pontificati  ponevano  ostacoli  al  ruolo  guida  di  laici  e  di  donne  nelle
    parrocchie,  queste  risorse  stanno  gradualmente  venendo  meno.  La  Germania  da  questo  punto  di  vista  è
    sempre stata un laboratorio, che precorre le tappe nell’ambito cattolico. Da qualche anno si registra un calo
    quantitativo  e  qualitativo  nelle  nuove  leve  di  «assistenti  pastorali»  laici.  Continuano  a  mancare  i  preti,  e
    cominciano a mancare i laici disposti ad accollarsi il peso di responsabilità pastorali. Succede anche in campo
    femminile.  In  Svizzera  le  parrocchie  importano  laureate  in  teologia  dalla  Germania.  «Se  si  cerca  oggi
    un’assistente pastorale si incontrano difficoltà – spiega Monika Schmid –, non c’è la grande scelta di trent’anni
    fa. Arrivano persone con una formazione mediocre. Ai miei tempi, all’università di Lugano, eravamo un bel
    gruppo di donne appassionate di teologia femminista... si leggevano libri, si discutevano testi, si faceva ricerca
    biblica. Ora si presentano le bigotte».
      Un dato accertato è la fuga delle donne dagli ordini femminili, spina dorsale dell’organizzazione ecclesiastica
    in tutto il mondo. Suore e consacrate calano velocemente. Nel 2001 le professe erano quasi 792.317, nel 2011
                                                                                                                      175
    erano scese a 713.206: un salasso non compensato dall’aumento di vocazioni registrato in Africa e in Asia .
    Semmai si assiste a uno spostamento di peso dall’Occidente al Terzo mondo. Un terzo delle suore viene da
    Africa e Asia. Il che spinge molti ordini religiosi ad importare suore dal Terzo mondo per rinsanguare le
    istituzioni in Europa. Una “tratta delle novizie”, criticata da papa Francesco.
      Il pontificato di Bergoglio spinge verso cambiamenti, ma nessuno può predire la forma che assumeranno.
    Benedetto  XVI  ha  lasciato  al  papa  argentino  l’eredità  avvelenata  di  un  conflitto  con  la  più  numerosa  e
    importante  organizzazione  delle  suore  statunitensi,  la  Leadership  conference  of  women  religious  (Lcwr).
    Sono nel mirino da oltre dieci anni per il loro atteggiamento critico in tema di sacerdozio esclusivamente
    maschile, per le loro posizioni su aborto, omosessualità, contraccezione e sulla questione della supremazia della
    Chiesa cattolica sulle altre confessioni cristiane.
      Nel  2012,  regnante  papa  Ratzinger,  il  Sant’Uffizio  pubblica  una  durissima  valutazione  della  Lcwr,
    accusandola  di  «femminismo  radicale»,  imprecisioni  dottrinali,  perdita  di  senso  della  Chiesa,  posizioni
                                                                                                                  176
    contrarie in materia di sessualità, «rischio di distorcere la fede in Gesù e nel suo Padre amorevole...» .  La
    congregazione per la Dottrina della fede decide di nominare un delegato, con il mandato di operare entro
    cinque anni la revisione degli statuti dell’organizzazione delle suore americane e di controllare le sue iniziative
    e pubblicazioni per sintonizzarle con l’«insegnamento della Chiesa e la sua disciplina». Viene chiesta inoltre
   49   50   51   52   53   54   55   56   57   58   59