Page 70 - Amici come prima. Storie di mafia e politica
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dice al suo interlocutore che «per quel lavoro è tutto a posto» .
Pellegrino, intervistato dopo la pubblicazione delle notizie, cade dalle
nuvole: dichiara alla Repubblica di essere andato a pranzo nella casa di cui
si parla nelle intercettazioni ma di conoscere il padre dell'uomo arrestato
con l'accusa di mafia, Sciortino, «era un incontro tra amici di Rinnovamento
italiano che allora era il mio partito e del quale Sciortino era segretario e
assessore. Insomma ho mangiato a casa di Totò Sciortino e lo rifarei».
Alla domanda sull'altro uomo arrestato, Leto, che frequentava i suoi
uffici parlamentari ed era il presidente della cooperativa che prendeva
appalti per centinaia di milioni, Pellegrino risponde: «Leto lo conosco, è un
disoccupato da diverso tempo che ho cercato di aiutare per trovargli un
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lavoro, ma non ho potuto» .
Certo, un disoccupato presidente di una cooperativa che si aggiudica
l'appalto per la raccolta dei rifiuti a Monreale con un ribasso dell'1% sul
prezzo posto a base d'asta, non è facile da incontrare, se non in una realtà
come quella siciliana, dove questa tecnica di ribassi è lo strumento per il
controllo delle gare di appalto. Occorre guardare e cercare sempre oltre le
apparenze per capire con chi si ha a che fare.
Dopo settimane di polemiche pubbliche, la vicenda diventa oggetto
prima di una seduta della commissione regionale Antimafia e poi
dell'Assemblea regionale siciliana.
Pellegrino non è più deputato, ma è assessore regionale al Territorio e
all'ambiente, nominato dal presidente della Regione, Totò Cuffaro. I Ds
non chiedono le dimissioni e Leoluca Orlando, dopo aver teorizzato,
assieme al suo ex consigliere spirituale Ennio Pintacuda, che il sospetto è
anticamera della verità, riduce tutto, anche le prove dei carabinieri, a un
fatto censurabile ma di ordine culturale. Tutto il dibattito che si sviluppa
sulla stampa e nelle sedi istituzionali ruota sulle parole «sbirri» e «infame».
È un dibattito ipocrita, più funzionale a esigenze strumentali di battaglia
politica contingente, che non realmente interessato ad affrontare i nodi
cruciali del rapporto tra mafia e politica che tutta la vicenda attualizza e
ripropone.
A un vecchio politico come Pellegrino la differenza non sfugge e cosi, a
conclusione del dibattito parlamentare, dai banchi del governo ringrazia
per la pacatezza dei toni tutti gli esponenti dell'opposizione intervenuti,
tranne chi scrive, accusato di riproporre una cultura giustizialista e pratiche
accusatorie da processi staliniani.
Pellegrino aveva ragione almeno in parte, perché io, invece di
soffermarmi sul linguaggio, avevo posto il problema delle relazioni, dei
consigli, degli incontri ripetuti, tra un amministratore pubblico ed esponenti
rivelatisi mafiosi, e quindi proposto, come logica conseguenza, una