Page 654 - Shakespeare - Vol. 4
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Ermione, regina del nobile Leonte, re di Sicilia, tu sei qui accusata e imputata
          di alto tradimento per aver commesso adulterio con Polissene, re di Boemia,
          e aver cospirato con Camillo per togliere la vita al nostro sovrano signore, il
          re, tuo regale marito: il quale proposito essendo stato in parte rivelato dalle

          circostanze, tu, Ermione, in contrasto alla fedeltà e all’obbedienza di un leale
          suddito, li consigliasti e aiutasti, per la loro salvezza, a fuggire nottetempo.



              ERMIONE
               Poiché quel che ho da dire, non può
               che contraddire l’accusa,

               e la sola testimonianza a mio favore,
               è quella che viene da me stessa, non mi gioverà molto
               pronunciarmi “non colpevole”: essendo la mia integrità
               accusata di falso, per tale, quando l’esprimerò,
               sarà accolta. Tuttavia, se i poteri celesti

               seguono le nostre azioni umane (e lo fanno),
               non dubito che l’innocenza farà arrossire
               la falsa accusa, e tremare la tirannia

               davanti alla pazienza. Voi, mio signore, sapete per primo
               (anche se ora sembra siate l’ultimo) che la mia vita passata
               è stata tanto continente, casta e fedele
               quanto adesso sono infelice; il che sorpassa
               ciò che una tragedia può illustrare, anche se

               ordita e recitata per incantare gli spettatori.             28
               Infatti guardate: io compagna di letto del re,
               colei che possiede la metà del trono, figlia di un grande re, e

               madre di un promettente principe, sto qui
               a cianciare e far discorsi per la vita e l’onore
               davanti a chiunque abbia voglia di ascoltare. La vita,
               io l’apprezzo, quanto rispetto il dolore (del quale farei a meno):
               l’onore, è l’eredità che lascio ai miei,

               e questo solo io difendo. Richiamo
               alla vostra coscienza, sire, prima che Polissene
               venisse a corte, quanto fossi nel vostro favore,

               e come questo favore meritassi; dopo la sua venuta,
               con quale straordinario contegno
               ho trasgredito per trovarmi ora qui? Se d’una iota oltre
               i limiti dell’onore, in atti o volontà
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