Page 1451 - Shakespeare - Vol. 4
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messo del Re raccomanda la figlia Maria, con le ancelle e i servi; e poi, con la
dignità di sempre, si dispone a morire.
ATTO V. (i) Nobili e prelati, gelosi dell’ascesa di Cranmer e Cromwell −
entrambi in odore di eresia − si preparano a metterli sotto accusa. Il Re
mette Cranmer sull’avviso e gli garantisce il suo appoggio. La Dama di
compagnia annuncia al Re la nascita di una figlia. (ii) Cranmer è costretto a
un’indecorosa anticamera, davanti alla porta del Consiglio della Corona. I suoi
accusatori lo vorrebbero prigioniero alla Torre: per dargli la possibilità −
dicono − di difendersi da privato cittadino. Ma il Re, che ha tutto visto e
sentito, entra in scena con la rude sincerità che lo contraddistingue,
imponendo una pacificazione generale, per poi affrettarsi al battesimo della
neonata. (iii) Un Guardaportone e il suo aiutante si sforzano invano di tenere
a bada una folla irruenta e festosa. (iv) Un corteo sfolgorante celebra
l’avvenuto battesimo dell’infante Elisabetta; e Cranmer fa una solenne
predizione, densa di accenti biblici, sulla luminosa età d’oro, di pace e
prosperità, che attende il regno della futura regina, cui farà seguito un
monarca non meno glorioso.
Queste celebrazioni finali − osserva A.R. Humphreys − «si svolgono come se
le tragedie umane che le han precedute appartenessero a qualche altro
dramma»: e se così non fosse questo non sarebbe il dramma celebrativo che
vuole essere ed è − vale a dire, in ultima analisi, sarebbe una contraddizione
in termini.
La contraddizione è riflessa nell’impianto strutturale, atipico rispetto ad altri
drammi storici. L’ultimo dei quali, l’Enrico V, ha sì un intento celebrativo, ma
solo in apparenza: per sostenerlo, il poeta è ricorso all’espediente altrettanto
atipico di un Coro che dà il via a ogni atto, con mirabile slancio retorico. Ma in
questi quattordici anni molte cose sono cambiate, dal clima politico e
intellettuale ai gusti del pubblico e della corte; e la compagnia di
Shakespeare ha acquisito un certo crisma di ufficialità che condiziona testi e
regie. Le coreografie del pageant, amate dal pubblico popolare e borghese
della metropoli, e quelle sempre più raffinate del masque, fiore di serra
cresciuto nell’ambito della corte, si ritagliano spazi sempre crescenti sulla
scena inglese. In Enrico VIII la celebrazione è la ragion d’essere dello
spettacolo, e pageant e masque ne scandiscono i ritmi e ne determinano
l’assetto formale: donde il pregiudizio, diffuso tra i critici, che il dramma
manchi di un solido intreccio e si riduca a una sequela di scene di sicuro
impatto visuale ed emotivo.
L’opera non manca di pecche: una vistosa crepa fra le ultime scene e il corpo