Page 97 - Galileo. Scienziato e umanista.
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     fino  al  vertice  del  cosmo  aristotelico.  L’estensione  al  moto
                dell’idrostatica, che si occupa dell’equilibrio dei corpi in quiete,
                è tanto difficile da compiere quanto l’introduzione di un pagano
                in paradiso.
                    Oltre a dare una direzione al pensiero di Galileo all’interno
                degli  insegnamenti  faticosamente  complessi  di  Aristotele  sul
                moto, le discussioni con Mazzoni a Pisa nei primi anni Novanta
                del Cinquecento aiutarono Galileo ad alzare il proprio sguardo
                oltre  l’ambito  consueto  in  cui  si  muovevano  i  matematici.
                Mazzoni non si limitò a dare loro la parola, ma anche diritto di
                veto, in relazione ai pronunciamenti dei filosofi sulla fisica. Il
                trattato  inedito  di  Galileo,  De  motu  antiquiora,  rispondeva  a
                questo  incoraggiamento.  Ampliava  e  formalizzava  le  idee
                sviluppate  da  Alessandro  nella  sua  conversazione  con
                Domenico,  ripulendone  anche  il  vocabolario.  Il  trattato
                riconosceva  che  il  moto  verso  l’alto  doveva  sempre  essere
                forzato  e  che  il  solo  moto  naturale  è  quello  diretto  verso  il
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                centro dell’universo .
                    Ma  il  trattato  fece  progressi  rispetto  al  dialogo  offrendo
                anche  due  controlli  della  teoria.  Uno  riguardava  un  problema
                che Galileo sosteneva si fosse presentato per la prima volta con
                lui: perché i corpi pesanti che si muovono lungo piani inclinati
                secondo  angoli  variabili  rispetto  all’orizzonte  si  muovono  piú
                velocemente  quando  i  piani  sono  quasi  del  tutto  verticali.  La
                risposta ruota attorno a un’analogia tra la discesa lungo un piano
                e il moto del braccio di una bilancia. Nella figura 2.10 il braccio
                CD,  imperniato  in  A,  regge  alle  proprie  estremità  due  pesi
                uguali, c e d. Il peso d tende verticalmente verso il basso in D
                lungo EF, con una forza misurata, diciamo, dalla distanza AD.
                Supponiamo  ora  che  d  si  trovi  in  S,  sul  piano  inclinato  HQ,
                disposto  in  modo  tale  che  AS  =  AD.  Secondo  Galileo,  d  si
                muoverebbe lungo HQ con la stessa forza che eserciterebbe se
                fosse sospeso da CD in P. In questo modo la «forza», e quindi la
                velocità con cui d cade lungo EF sta alla forza e alla velocità





