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genetica, ecc.
MITO (gr. mŷthos, racconto, leggenda). Il mito ha esercitato nella storia della civiltà
una funzione di grandissimo rilievo. In forma generalmente narrativa, esso fornisce
una spiegazione e insieme una garanzia della validità degli elementi che
costituiscono il patrimonio sociale, intellettuale e morale di una cultura: esso
proietta, in un passato più o meno lontano, le esigenze psicologiche di una società
umana, inserendole in un contesto sacrale che ne costituisce la legittimazione.
Prodotto di una mentalità arcaica, il mito è spesso dominato dal pensiero magico: le
cose, gli animali, i fenomeni della natura vi appaiono animati e umanizzati e tutte le
metamorfosi vi sono possibili; il mondo degli dei, degli eroi e degli uomini vi
costituisce un tutto in cui il sacro e il profano agiscono in assoluta continuità. Tale
continuità è ribadita dall’impiego del mito nel rituale: molti riti religiosi
costituiscono la ripetizione nel presente di una vicenda mitica, spesso realizzata in
forma drammatica. I temi che il mito può trattare sono estremamente vari: in primo
piano stanno la nascita e le vicende degli dei, la creazione o la formazione del
mondo e dell’uomo, l’origine di questa o di quella realtà naturale o fisiologica (per
es. il vento o la morte) o culturale (il fuoco, l’agricoltura), o di particolari divieti
(l’incesto). Esistono anche miti relativi a fatti che avverranno nel futuro: così il mito
germanico del « crepuscolo degli dei » (miti escatologici). Il mito si distingue dalla
favola o dal romanzo non per diversità di contenuti, ma per un diverso atteggiamento
della società nei suoi confronti: si ha favola o romanzo quando un racconto è
presentato e accolto come opera di pura fantasia, mito quando esso assume un
carattere sacrale e richiede una adesione di fede: il mito è innanzitutto verità. Ciò
spiega come una vicenda che in una determinata società ha carattere sacro, e perciò
di mito, possa altrove apparire come una semplice favola, una volta che sia venuta a
mancare la struttura religiosa che gli dava quel carattere. Con un fenomeno che si
potrebbe definire di « evemerismo spontaneo », miti che abbiano perduto il contatto
con la realtà sacrale che li ha ispirati possono essere interpretati come narrazioni
storiche, venendo più o meno modificati in senso razionalistico: molti studiosi
ritengono, ad es., che la più antica « storia » di Roma sia in realtà costituita da
narrazioni mitiche.
I miti propri di una determinata cultura tendono a organizzarsi in cicli, legati ad es. a
una determinata regione o gravitanti intorno a una figura divina o eroica, e spesso a
costituire una mitologia più o meno coerente. In tali processi può intervenire l’opera
di una classe sacerdotale, che accentra sul dio che essa venera o sul centro religioso
in cui opera anche episodi mitici originariamente relativi ad altre divinità o elaborati
in altri luoghi. In ambiente sacerdotale si rielaborano o si creano anche miti a
carattere parafilosofico, destinati a interpretare con maggiore o minore sistematicità
la struttura e l’origine dell’universo, dell’uomo, ecc. Ciò conduce al problema dei
rapporti storici tra pensiero mitico e pensiero filosofico: in astratto essi sembrano
escludersi a vicenda, perché mentre il mito si presenta come tradizione da accettare
dogmaticamente, la filosofia è approfondimento personale e metodico di una
problematica; tuttavia, in pratica, si riscontra piuttosto una continuità tra questi due